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Novità normative sostanziali del diritto “emergenziale” anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale.

Con una relazione tematica (la n. 56 dell’8 luglio scorso) l’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione è intervenuto sul tema delle novità normative sostanziali del diritto emergenziale anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale, analizzando le problematiche connesse alla gestione di sopravvenienze perturbative dell’ordine contrattuale alla luce dei rimedi legali e convenzionali a disposizione delle parti. Fatta una breve introduzione rivolta all’inquadramento delle questioni affrontate, la relazione si sofferma sui rimedi astrattamente disponibili, concentrandosi sulla disciplina codicistica dell’impossibilità sopravvenuta (artt. 1463-1464 c.c.) e della eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.), istituti dei quali ripercorre i tratti essenziali, avendo cura di evidenziare i profili rilevanti ai fini della soluzione delle problematiche poste in premessa e sottolineandone la natura conservativa e demolitiva.

Proseguendo sulla stessa linea direttrice la relazione affronta il tema dell’impotenza finanziaria come causa non meramente tecnica dell’impossibilità di adempimento della prestazione sinallagmatica, osservando che la legislazione emergenziale non ha mutato il principio cardine della disciplina codicistica delle obbligazioni in forza del quale “non può, agli effetti liberatorii, essere presa in considerazione l’impossibilità di adempiere l’obbligazione, originata da cause inerenti alla persona del debitore o alla sua economia, che non siano obiettivamente collegate alla prestazione dovuta” (dalla Relazione del Guardasigili al codice civile). Così, l’impotenza finanziaria determinata dalla causa di forza maggiore in cui si compendia l’attuale emergenza sanitaria non ha efficacia liberatoria sul debitore dall’obbligazione pecuniaria. Del resto, per un verso, non può esservi impossibilità oggettiva e assoluta di procurarsi il denaro per adempiere, essendo il denaro un bene generico e imperituro e, per altro, la difficoltà monetaria causata dai rischi che ciascun debitore si è facoltativamente assunto non può riversarsi sui creditori, perchè, in caso contrario, essi diverrebbero debitori inadempienti a propria volta avvalendosi dello stesso meccanismo di esenzione dall’imputabilità, secondo una catena infinita dalle conseguenze disastrose per la tenuta dei rapporti ecomici.

La relazione continua con l’analisi delle c.d. norme sostanziali anti-Covid e, innanzitutto, sull’art. 91 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, che dispone:”All’articolo 3 del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla l. 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: 6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti“. Secondo l’interpretazione indicata, la norma non sposta di molto l’asse della disciplina codicistica in quanto l’obbligato non può limitarsi ad allegare assiomaticamente che l’inadempimento è ascrivibile alle misure anti-contagio, dovendo, per converso, in linea con la previsione dell’art. 1218 c.c., offrire la prova circostanziata del collegamento eziologico fra inadempimento e causa impossibilitante rappresentata dal rispetto delle prescrizioni di contenimento dell’epidemia. In merito al richiamo all’art. 1223 c.c. la relazione fa propria la tesi dottrinale secondo la quale esso attenderebbe alla finalità di sterilizzare gli effetti sostanziali che deriverebbero dall’inadempimento del debitore in una situazione di fisiologia; in altre parole, il legislatore avrebbe inteso regolare una causa emergenziale di giustificazione, destinata ovviamente a cessare con la fine dell’emergenza. Di fronte all’inadempimento del debitore “riparato dalla norma emergenziale” in commento il creditore potrebbe avvalersi dell’exceptio inadimpleti contractus per sospendere l’esecuzione della propria prestazione, anche parzialmente.

La relazione si occupa infine delle “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga dei termini amministrativi e processuali” dettate dal D.L. 23/2020 (artt. 5-10) e che incidono sia sulla disciplina fallimentare sia su quelle delle imprese. L’art. 5 procrastina alla data del 01.09.2021, l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, emanato con il D.L.vo 12.01.20219 n. 14, anche al fine di coordinare al meglio l’entrata in vigore della legge con l’applicazione della Direttiva UE 1023/2019 sui quadri di ristrutturazione preventiva delle imprese, il cui termine di recepimento nei paesi membri scade il 17.07.2021. L’art. 6 stabilisce la sospensione per l’esercizio in corso dell’obbligo per le società di ricostituire il capitale in caso di perdita (artt. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6, e 2482-ter, c.c.), inibendo le conseguenze previste dall’ordinamento per il caso di sua omissione (art. 2484, comma 1, n. 4, per le società di capitali e art. 2545-duodecies, c.c. per le società cooperative). L’art. 7 inibisce temporaneamente l’obbligo, contemplato dall’art. 2423-bis, comma 1, n. 1, c.c., di verificare la sussistenza della continuità aziendale per la redazione del bilancio relativo all’anno in corso. In altre parole, le società che già operavano nella prospettiva della continuità aziendale sono abilitate a seguire il medesimo criterio di redazione del bilancio 2020 quand’anche gli indici di continuità non dovessero essere sussistenti nelle condizioni attuali. Il successivo art. 8 consente ai soci di ottenere il rimborso dei finanziamenti effettuati a favore dell’ente senza subire la postergazione di legge rispetto agli altri creditori (v. artt. 2467 e 2497-quinquies c.c.). L’art. 9 consente agli imprenditori in concordato o che abbiano presentato l’accordo di ristrutturazione di chiedere una proroga del termine sino a novanta giorni per riformulare un piano e una proposta o ottenere un differimento del temine ex art. 161, comma 6, l. fall. anche in pendenza di istanze di fallimento; nel caso in cui l’omologa sia già stata pronunciata, gli imprenditori potranno posticipare sino a sei mesi i termini dei pagamenti programmati. Rimangono esclusi i concordati in relazione ai quali l’inadempimento sia già maturato, e quelli in rapporto ai quali il termine scadrà dopo il 31.12.2021. L’art. 10, infine, dispone l’improcedibilità delle domande di fallimento depositate tra il 09.03.2020 e il 30.06.2020, facendo salve solo quelle proposte dal pubblico ministero e corredate da istanze cautelari o conservative ex art. 15 l. fall.. La relazione sottolinea l’assenza di norme a favore delle imprese minori non fallibili, rientranti nell’area del c.d. “sovraindebitamento”, disciplinato dalla l. n. 3 del 2012. Ne consegue che per gli accordi sulla composizione della crisi o per il piano del consumatore non vi sia alcuna proroga dei termini di adempimento previsti nella proposta ai creditori, né alcuna possibilità per i soggetti sovraindebitati di adeguare le proposte già presentate e già approvate alle mutate condizioni economiche.

Nell’ultima parte della relazione, fatti alcuni cenni sulla gestione delle sopravvenienze sperequative, anche nella pratica commerciale internazionale, nonchè sul principio di conservazione del contratto, si individua nella rinegoziazione del contratto la soluzione ottimale per il riequilibrio dei rapporti commerciali a seguito della sopravvenienza pandemica, evidenziando l’esistenza di un dovere di rinegoziazione in capo alla parte avvantaggiata basato sul principio di buona fede oggettiva.

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