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Una decisione frettolosa: l’obbligo della Commissione di verificare l’esistenza di un aiuto di Stato in modo diligente, sufficiente e completo.

Sono trascorsi ormai dieci anni da quando una importante impresa produttrice di alluminio avente base nel Sulcis (una zona depressa del sud Sardegna) ha affidato al sottoscritto e ai Colleghi Fabio Ciulli e Giovanni Dore l’incarico di impugnare una decisione della Commissione europea che aveva dichiarato illegittimo e incompatibile col mercato comune un regime tariffario speciale per il consumo di energia elettrica a beneficio di alcune aziende energivore (decisione della Commissione europea del 23 febbraio 2011 relativa agli aiuti di Stato n. C 38/B/2004 (ex NN 58/2004) e n. C 13/2006 (ex N587/2005) cui l’Italia ha dato esecuzione a favore della Portovesme s.r.l., ILA S.p.A., Euroallumina S.p.A. e Syndial S.p.A.).

In quella occasione, tra i tanti motivi di doglianza, avevamo evidenziato che la Commissione aveva violato il proprio dovere di diligenza e di imparzialità nel ricostruire il quadro normativo alla base del regime tariffario speciale, giungendo infine a sbagliare nell’individuazione delle norme che lo disciplinavano: in altri termini, nella propria decisione la Commissione indicava come pertinenti delle norme che nulla avevano a che vedere con il meccanismo che essa aveva in concreto descritto, analizzato e, infine, sanzionato.

Il Tribunale ha confermato la decisione della Commissione dando una propria personalissima interpretazione delle norme interne di riferimento, anche contro il loro dato letterale. Investita del gravame, che in relazione a questo aspetto specifico evidenziava come il Tribunale avesse ecceduto la propria competenza materiale interpretando il diritto interno di uno SM, la Corte aveva tirato fuori dal cilindro un nuovo vizio di legittimità (diverso da quelli tipizzati, si intende), noto a pochi sfortunati come “snaturamento degli elementi di prova“, da sollevare con precisi limiti (ahinoi). Inutile dire che, per quanto circostanziate fossero le nostre argomentazioni al riguardo, esse non collimavano con le condizioni fissate dalla Corte (in due sentenze conosciute solo dai funzionari della Commissione) per la proposizione del suddetto motivo di doglianza.

Con la sentenza del 22.09 u.s., resa con riferimento alle cause riunite T-639/14 RENV, T-352/15 e T-740/17 DEI / Commissione, il Tribunale è tornato ad occuparsi del dovere di diligenza che incombe sulla Commissione allorquando si trova ad esaminare un possibile aiuto di Stato, misurandosi incidentalmente con un serie di altre questioni sfiziose.

La vicenda trae origine da un lungo contenzioso tra la Dimosia Epicheirisi Ilektrismou AE (DEI), azienda produttrice e fornitrice di energia elettrica con sede in Atene e controllata dallo Stato greco, e il suo maggiore cliente, la Mytilinaios AE – Omilos Epicheiriseon, avente ad oggetto la tariffa per la fornitura di energia elettrica destinata a sostituire la tariffa agevolata di cui beneficiava la Mytilinaios e che discendeva da un accordo sottoscritto nel 1960, ma giunto a scadenza nel 2006. Nell’ambito di un compromesso arbitrale sottoscritto il 16.11.2011, le due parti hanno concordato di affidare la composizione della controversia tra di esse sorta alla Rythmistiki Archi Energeias (autorità ellenica di regolamentazione dell’energia, RAE), presso la quale è stato instaurato, conformemente al diritto ellenico, un arbitrato permanente. Con decisione del 31.10.2013, il tribunale arbitrale ha fissato la tariffa energetica applicabile alla Mytilinaios. Il ricorso proposto dalla DEI avverso tale lodo arbitrale è stato respinto dalla Corte d’appello di Atene. In tale contesto, la DEI ha presentato due denunce alla Commissione sostenendo che, anzitutto, la RAE e, successivamente, il tribunale arbitrale avevano concesso alla Mytilinaios un aiuto di Stato illegale, in quanto la tariffa di cui trattasi imponeva alla DEI di fornire l’energia elettrica a quest’ultima ad un prezzo inferiore ai suoi costi e, quindi, al prezzo di mercato. Con lettera del 12 giugno 2014, firmata da un capo unità della direzione generale (DG) della concorrenza, la Commissione ha comunicato alla DEI di aver archiviato le sue denunce. Ad avviso della Commissione, la tariffa di cui trattasi non costituiva un aiuto di Stato, in quanto i criteri di imputabilità e del vantaggio non erano soddisfatti, sicché non occorreva avviare il procedimento d’indagine formale previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE. In seguito a tale lettera la DEI ha adito il Tribunale di un ricorso, avente il numero di ruolo T-639/14, volto all’annullamento della decisione di archiviazione contenuta in detta lettera. Nel corso di tale procedimento la Commissione, con decisione del 25.03.2015, ha revocato e sostituito la lettera controversa. In tale decisione essa ha considerato che il lodo arbitrale non implicava la concessione di un aiuto di Stato a favore della Mytilinaios, in sostanza sulla base del rilievo che la volontaria sottoposizione ad arbitrato, da parte della DEI, della controversia sorta con la Mytilinaios corrispondeva al comportamento di un investitore avveduto in economia di mercato e, quindi, non comportava alcun vantaggio. La DEI ha poi adito il Tribunale di un ricorso, avente il numero di ruolo T-352/15, volto all’annullamento della prima decisione impugnata. Con ordinanza del 9 febbraio 2016, il Tribunale ha dichiarato che non vi era più luogo a statuire sul ricorso nella causa T-639/14. Investita di un’impugnazione, la Corte ha però annullato tale ordinanza e rinviato la causa dinanzi al Tribunale, presso il quale è stata iscritta a ruolo con il numero T-639/14. Il 14.08.2017 la Commissione ha adottato una seconda decisione che ha abrogato e sostituito tanto la lettera controversa quanto la prima decisione impugnata. Tale seconda decisione conferma che il lodo arbitrale non comporta la concessione di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. La DEI ha nuovamente adito il Tribunale di un ricorso di annullamento avverso tale seconda decisione, avente il numero di ruolo T-740/17. Dopo aver riunito le tre cause pendenti, il Tribunale ha accolto i tre ricorsi proposti dalla DEI e ha annullato tanto la lettera controversa quanto le decisioni impugnate prima e seconda.

La decisione in commento è interessante sotto due profili: sul piano dei diritti procedurali il Tribunale fornisce chiarimenti sulla qualificazione di un denunciante come interessato legittimato ad agire contro una decisione della Commissione di non sollevare obiezioni, ai sensi del diritto in materia di aiuti di Stato, nei confronti di una misura statale; nel merito la sentenza precisa, come detto, la portata dell’obbligo incombente alla Commissione di verificare se un tribunale arbitrale dotato di prerogative analoghe a quelle di un giudice statale ordinario abbia concesso un vantaggio ai sensi del diritto in materia di aiuti di Stato, allorché ha fissato una tariffa per la fornitura di energia elettrica non corrispondente, se del caso, al prezzo di mercato.

Con riguardo al primo aspetto il Tribunale osserva che la seconda decisione impugnata produce effetti giuridicamente vincolanti nei confronti della DEI. Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la decisione che constata l’insussistenza di un aiuto, con la quale la Commissione chiude la fase preliminare di esame, comporta effetti giuridici vincolanti anche nei confronti degli interessati. La DEI, avendo sostenuto che la tariffa di cui trattasi costituiva un aiuto vietato che incideva sui suoi interessi economici, dispone dello status di interessata ai sensi dell’art. 108, par. 2, TFUE e dell’art. 1, lett. h), del relativo regolamento applicativo, alla quale gli atti impugnati di archiviazione delle sue denunce impediscono di presentare osservazioni nel corso di un procedimento d’indagine formale. Per conseguenza, il ricorso della DEI, nei limiti in cui mira ad ottenere la salvaguardia delle garanzie procedurali di cui essa godrebbe, in quanto interessata, nell’ipotesi di avvio del procedimento d’indagine formale è ricevibile.

Per quanto concerne la questione di merito, il Tribunale respinge l’argomento della Commissione in base al quale un investitore privato avveduto che si fosse trovato nella situazione della DEI avrebbe optato per l’arbitrato e avrebbe accettato la fissazione della tariffa applicabile da parte di un tribunale arbitrale composto da periti il cui potere discrezionale era limitato da parametri equiparabili a quelli contenuti nel compromesso d’arbitrato, sicché dalla fissazione della tariffa di cui trattasi da parte del tribunale arbitrale non poteva conseguire un vantaggio per la Mytilinaios. Ebbene, in primo luogo il Tribunale replica che il tribunale arbitrale, che statuisce in forza di un procedimento arbitrale previsto dalla legge e fissa una tariffa per l’energia elettrica con una decisione giuridicamente vincolante, deve essere qualificato come organo che esercita un potere rientrante nelle prerogative dei pubblici poteri, tenuto conto della sua natura, del contesto in cui la sua attività si inserisce, del suo obiettivo, nonché delle norme alle quali è sottoposto, in base alle quali le sue decisioni sono impugnabili dinanzi ai giudici statali, sono investite dell’autorità di cosa giudicata e costituiscono titolo esecutivo. Pertanto, il tribunale arbitrale può essere equiparato a un giudice statale ordinario. Ciò premesso, tenuto conto della ripartizione delle competenze tra i giudici nazionali e la Commissione in materia di controllo degli aiuti di Stato, può essere che i giudici nazionali violino essi stessi gli obblighi loro incombenti ai sensi dell’art. 107, par. 1, e dell’art. 108, par. 3, TFUE e, in tal modo, rendano possibile o perpetuino la concessione di un aiuto illegale, o anche divengano lo strumento a tal fine, questione che rientra nella competenza di controllo della Commissione. Pertanto, al fine di poter superare ogni dubbio o seria difficoltà riguardo alla questione se la tariffa di cui trattasi, fissata dal lodo arbitrale, comportasse un vantaggio la Commissione era tenuta a esaminare se una misura statale non notificata, come tale tariffa, ma contestata da un denunciante, soddisfacesse la nozione di aiuto di Stato ai sensi dell’art. 107, par. 1, TFUE, incluso il criterio del vantaggio. Tale esame, chiosa il Tribunale, richiede valutazioni economiche complesse relative, segnatamente, alla conformità di detta tariffa alle condizioni normali di mercato.

In conclusione, per quanto qui interessa, secondo il Tribunale, limitando la sua analisi alla questione se un operatore privato si sarebbe sottoposto all’arbitrato accettato dalla DEI, la Commissione ha delegato tali complesse valutazioni ai giudici ellenici, violando nel contempo il proprio dovere di controllo. Inoltre, alla luce delle informazioni presentate dalla DEI nel corso del procedimento amministrativo, la Commissione avrebbe dovuto effettuare una propria analisi per accertare se il metodo di determinazione dei costi della DEI, come applicato dal tribunale arbitrale, fosse tanto adeguato quanto sufficientemente plausibile per dimostrare che la tariffa di cui trattasi era conforme alle normali condizioni di mercato.

Poiché la Commissione non ha rispettato, nella seconda decisione impugnata, gli obblighi di controllo su di essa incombenti, il Tribunale dichiara che essa avrebbe dovuto incontrare serie difficoltà o nutrire dubbi che richiedevano l’avvio del procedimento d’indagine formale. Pertanto, il Tribunale accoglie il ricorso nella causa T-740/17 e annulla la seconda decisione impugnata.

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