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La Commissione europea batte il Barcellona 1 a 0.

Con sentenza del 4 marzo scorso, resa nella causa C-362/19 P Commissione / Fútbol Club Barcelona, la Corte di giustizia ha confermato la legittimità della decisione del 04.07.2016 con la quale la Commissione europea aveva dichiarato l’incompatibilità col mercato interno del regime fiscale operante a favore di alcuni club professionistici spagnoli aventi la forma di persone giuridiche senza scopo di lucro a partire dal 1990 [Decisione (UE) 2016/2391 sugli aiuti di Stato SA.29769 (2013/C) (ex 2013/NN)], tra i quali il Barcellona e il Real Madrid.

La vicenda ha origine nel 1990 quando una legge ha obbligato tutti i club sportivi professionistici spagnoli a trasformarsi in società sportive per azioni, esentando dall’obbligo solo quelli che avessero realizzato un risultato di bilancio positivo negli esercizi precedenti la sua entrata in vigore. Il Barcellona, il Real Madrid, l’Atletico Osasuna e l’Atletico Bilbao, rientrando nella fattispecie eccettuativa, avevano optato per continuare a operare nella forma di persone giuridiche senza scopo di lucro, usufruendo, a tale titolo, di un’aliquota specifica di imposta sui loro profitti, che sino al 2016 è rimasta inferiore a quella applicata ai club operanti in forma di società per azioni. Ritenendo che la normativa introducesse di fatto un vantaggio fiscale in materia di imposta sulle società a favore dei quattro club interessati, con la decisione controversa la Commissione aveva dichiarato il regime di aiuti illegale (per violazione dell’obbligo di preventiv notifica e di standstill) e incompatibile col mercato interno e aveva ordinato alla Spagna di porvi fine, nonchè di recuperare gli aiuti individuali versati ai beneficiari di tale regime.

La decisione della Commissione era stata impugnata dal Barcellona di fronte al Tribunale UE che, con sentenza del 26.02.2019 (Fútbol Club Barcelona/Commissione, T‑865/16), l’aveva annullata ritenendo che la Commissione non avesse adeguatamente dimostrato l’esistenza di un vantaggio economico. Secondo il Tribunale la Commissione non aveva esaminato sufficientemente se il vantaggio risultante da tale aliquota ridotta potesse essere bilanciato dall’aliquota di deduzione per reinvestimento di profitti eccezionali meno favorevole, che era applicata ai club di calcio professionistico che operavano nella forma di persone giuridiche senza scopo di lucro rispetto a quella applicabile ai soggetti che operavano quali società sportive per azioni.

Nello specifico, in prima battuta, la Corte ha concluso che il Tribunale è incorso in un errore di diritto perchè ha ritenuto che la decisione controversa dovesse essere interpretata come una decisione relativa al contempo ad un regime di aiuti e ad aiuti individuali, in quanto la Commissione nella sua decisione si sarebbe pronunciata altresì sugli aiuti concessi individualmente ai quattro club beneficiari, designati nominativamente. Secondo la Corte, invece, la misura controversa riguarda un regime di aiuti e non degli aiuti indivuduali, giacché le disposizioni fiscali specifiche applicabili agli enti senza scopo di lucro (in particolare l’aliquota d’imposta ridotta) possono avvantaggiare ciascuno dei club calcistici aventi diritto, definiti in modo generale e astratto, per un periodo e per un ammontare indefiniti, senza che siano necessarie ulteriori misure di attuazione e senza che tali disposizioni siano connesse alla realizzazione di uno specifico progetto. Il mero fatto che, nel caso di specie, siano stati concessi individualmente aiuti ai club sulla base del regime di aiuti in questione non può incidere sull’esame al quale la Commissione è tenuta per accertare l’esistenza di un vantaggio. Ciò premesso, secondo la Corte il Tribunale ha errato nel giudicare pertinente una siffatta circostanza.

In secondo luogo, la Corte ha concluso che l’errore di diritto in tal modo commesso dal Tribunale ha inficiato le conclusioni che esso ha tratto in merito alla portata degli obblighi incombenti sulla Commissione per quanto riguarda la prova dell’esistenza di un vantaggio. Segnatamente, secondo la Corte, l’esame dell’esistenza di un vantaggio non può dipendere dalla situazione finanziaria dei beneficiari della misura al momento della successiva concessione di aiuti individuali sulla base del l regime. L’impossibilità di determinare, al momento dell’adozione di un regime di aiuti, l’importo esatto dell’aiuto di cui questi ultimi hanno effettivamente goduto in occasione di ciascun esercizio fiscale, non può impedire alla Commissione di constatare che tale regime poteva, già in tale fase, procurare un vantaggio a questi ultimi e non può, correlativamente, dispensare lo Stato membro interessato dall’adempimento del suo obbligo fondamentale di notificare un siffatto regime. Pertanto, è solo nella fase dell’eventuale recupero degli aiuti individuali concessi sulla base del regime di aiuti che la Commissione deve verificare la situazione individuale di ciascun beneficiario, dal momento che un siffatto recupero impone di definire l’importo esatto dell’aiuto di cui questi ultimi hanno effettivamente goduto in occasione di ciascun esercizio fiscale.

Nel caso di specie, è pacifico che, fin dal momento della sua adozione, il regime di aiuti risultante dalla misura controversa, concedendo a taluni club la possibilità di continuare a operare, a titolo di deroga, quale ente senza scopo di lucro, ha consentito a questi ultimi di usufruire di un’aliquota d’imposta ridotta rispetto a quella applicabile ai club che agivano quali società sportive per azioni. Così facendo, il regime di aiuti in questione era, sin dalla sua adozione, idoneo a favorire i club operanti in qualità di enti senza scopo di lucro rispetto ai club operanti in qualità di società sportive per azioni, in tal modo procurando loro un vantaggio ai sensi dell’articolo 107, par. 1, TFUE. Ne consegue che, per dimostrare adeguatamente che il regime di aiuti in questione procura ai suoi beneficiari un vantaggio ai sensi dell’art. 107, par. 1, TFUE, la Commissione non era tenuta ad esaminare, nella decisione controversa, l’incidenza della deduzione per il reinvestimento di profitti eccezionali, né quella delle possibilità di differimento sotto forma di credito d’imposta e, in particolare, se tale deduzione o tali possibilità neutralizzassero il vantaggio risultante dall’aliquota ridotta d’imposta.

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